
Non stupisce però che una band di 15 musicisti si sia appropriata di quel nome. Sinteticamente si potrebbe definire una squadra di simpatici matti, che persegue un progetto irriverente, a suo modo geniale ed estremamente originale, colto e raffinato ma anche divertente, che si riassume da un lato nel suo nome (Flat Earth Society, appunto) e dall’altro nel titolo del suo secondo cd (edito da Crammed Disc): Cheer Me, Perverts!, che, al di là del suo significato, costituisce l’anagramma del nome del leader della band, il compositore e clarinettista belga Peter Vermeersch. Stranezza e mescolanza, come nella scelta del nome e dell’anagramma. In particolare la tecnica dell’anagramma appare come l’immagine più efficace per comprendere il tipo di musica della FES. Una musica che sarebbe piaciuta molto a Frank Zappa, il non citato ma inevitabile richiamo culturale e musicale.
Si tratta di una musica basata soprattutto su ottoni, in cui però hanno il dovuto spazio anche la fisarmonica, le tastiere (piano, organo Hammond) e la chitarra. L’immagine che nasce spontanea è appunto quella di un anagramma, in cui diverse parti di un tutto vengono rimescolate tra loro, o di diversi ingredienti che vengono versati in un contenitore e shakerati per produrre un cocktail. Con una particolarità importante però: i frammenti mescolati non si uniscono in base alle leggi del caso, ma sono accostati in una struttura rigorosa, da cui la casualità è completamente bandita. Proprio come in Frank Zappa e nelle sue Mothers of Invention. Qualche frammento contenuto di improvvisazione si intravede qua e là, ma rigorosamente inquadrato all’interno di una struttura ferrea benché folle, apparentemente caotica, anarchica, ma di un’anarchia controllata.
Ci sono continui cambi di marcia: accostamenti di diversi ritmi, differenti modelli musicali. Mescolanza sì, ma non però nel senso della world music; la Flat Earth Society non fonde né contamina, a rigore, bensì rimescola mantenendo la natura dei frammenti eterogenei che si accostano.
“Vole Sperm Reverie” apre il disco con un ritmo sostenuto e atmosfere da “Grand Wazoo” e con tocchi jazz riservati all’Hammond; “Rearm, Get That Char!” nasce funky, poi sospende la grinta, si affida a un sax che gratta come un’unghia su una lavagna e arricchisce il tutto con tocchi quasi da musica circense. “Kotopoulopology” è il classico sberleffo musicale basato sul riciclo di motivi noti e meno noti trasposti in un tessuto musicale frammentato, parcellizzato, in cui gli strumenti si aggirano e sembrano incontrarsi quasi per caso. “Blind Inside” attacca con un andamento classico affidato a pianoforte e flauto, poi incrementa gradualmente il numero degli strumenti e assume un andamento solenne. “Bad Linen” è giocato su un riff ripetuto ossessivamente con un notevole effetto ipnotico e con un sax scatenato che si arrampica sul tappeto di base. “Too Sublime in Sin” è psichedelia post-moderna; inizia in modo lento ed etereo, poi parte una nota gridata e ripetuta ossessivamente, affidata soprattutto ai fiati che accompagna lo scatenamento dell’intera band, fino a un’interruzione (che sembra introdurre una nuova canzone, ma non è così) e a una conclusione affidata ad un pianoforte che propone un jazz estremamente soft. E così via. Ogni brano è una sorpresa.
Caldamente consigliato.
Recensione di Gian Luca Barbieri
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